La fabbrica dell’utopia
Cosimo I de’ Medici, duca di Firenze e figlio del condottiero Giovanni dalle Bande Nere, terminata la guerra con Siena nel 1544, avviò un processo di riorganizzazione dello Stato mediceo.
Vi era la necessità di rafforzare le difese del ducato, soprattutto lungo le frontiere con gli altri Stati, dove la presenza medicea era meno avvertita dalle popolazioni. Furono restaurati vecchi fortilizi e si avviarono nuove opere.
Cosimo era pervaso dalla tradizione filosofica neoplatonica, soggiacente al Sole come simbolo di ragione e perfezione vera, centro del cosmo e testimonianza della perfezione dell’architettura divina.
La baia di Portoferraio, fortificata, divenne Cosmopoli (città di Cosimo e città cosmopolita). Presso Castrocaro (nella Romagna “toscana”) si eresse Eliopoli (o Città del Sole). Al confine con lo Stato di Urbino si decise di erigere la Città del Sasso che, come Eliopoli, portava un sole radiante nello stemma.
Il confine con Urbino era caldo, per diversi motivi, il duca di Urbino andava pressato, le vicine contee di Carpegna e Scavolino andavano ghermite e occorreva dare un colpo letale al brigantaggio che imperversava in quelle lande di montagna.
Giovanni Camerini fu l’architetto che, dal 1554, si trovò incaricato del progetto. La conclusione dei lavori (incompiuti) fu firmata sotto Simone Genga e il provveditore ai lavori fu Leonardo di Carlo da Nipozzano (insieme a Battista Giuliani). Il povero Nipozzano fu persino assassinato, sulla strada per Sestino, dalle riottose comunità locali che mal avevano digerito l’idea del loro signore.
In piena estate, il 14 luglio 1566 il Piero di Carpegna, conte di Gattara, pose la prima pietra, un segno di vicinanza tra lo Stato dei conti di Carpegna e i de’ Medici; Cosimo non era presente, ma la sua idea era chiara: doveva trattarsi di una città fortezza con compiti civili e militari. Cosimo intendeva erigere cinque quartieri (e settantadue abitazioni) per i coloni delle comunità toscane di: San Sepolcro, Pieve Santo Stefano, Sestino, Badia Tedalda, Verghereto.
Il materiale fu condotto a soma in cima al tavolato roccioso dalle cinque comunità; dopo un lustro i lavori ancora erano ben lungi dal terminare e sul Sasso si trovavano:
- 100 cataste di faggi,
- 50.000 mattoni,
- 20.000 tegole,
- 12.000 pianelle,
- tonnellate di pietra di cava e di calce.
Per ogni casa servivano 270 scudi, per una spesa totale che si aggirava attorno ai 14.000 scudi.
Ci vollero dieci anni per riuscire a costruire cosa? Una muraglia continua che chiudeva il lato est e altre muraglie, due torrioni a pianta quadrangolare scarpati con cisterna interna, 40 – 50 casesu 72, edifici per i soldati, il palazzo del Capitano del Sasso, il tribunale, case per i messi, depositi, una fonderia, magazzini, un forno, una locanda, granai etc.